Vieni e seguimi

Corso Responsabili e Animatori – Fiuggi 1-3 novembre 2024

Riflessione a cura di Alfredo Barone Comunità in alto i nostri cuori

Mettendomi a pregare per questa riflessione, ho sentito fortemente di prendere come punto di riferimento la figura di un uomo che ha ricevuto la chiamata a seguire Gesù in un modo particolare e credo che tutto si sarebbe aspettato, ma non quello che in seguito avrebbe vissuto e sperimentato. Quest’uomo è San Pietro e, in particolare sarà l’ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni (21, 18-19) a fare da sfondo a questa riflessione: «In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».

Ma per poter arrivare a comprendere meglio questa parola, dobbiamo ricordare cosa è accaduto in precedenza a San Pietro, perché qui, al cap. 21 di Giovanni, si è già compiuta la buona novella! Gesù è Risorto! Ha vinto la morte ed appare ai suoi per confermarli e rafforzarli nella fede della risurrezione e per aiutarli a camminare nella novità di vita dovuta alla sua risurrezione. Perché la vita dei discepoli, grazie alla Pasqua, è un’altra vita e come lo è stato per i discepoli lo deve essere anche per noi che abbiamo già celebrato tante Pasque, ma ogni Pasqua è una Pasqua diversa dall’altra, non perché l’evento che celebriamo è diverso, anzi è sempre lo stesso, ma perché noi siamo diversi rispetto all’anno precedente, perché tutto ciò che viviamo è motivo per la nostra salvezza, come dice San Paolo ai Romani 8, 28: «Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stato chiamati secondo il suo disegno».

Nel vangelo di Giovanni al cap. 3, troviamo il colloquio di Nicodemo e Gesù. Ricordate cosa dice Gesù? «Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodemo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». Ogni uomo che ha fatto un vero incontro con Cristo non potrà mai essere l’uomo di prima. Allora quante vite esistono? per caso esiste più di una vita? Si, esiste la vita che ci danno i nostri genitori, mamma e papà, e poi ne esiste un’altra di vita, quella che ti dà Dio, quella vita di cui parla Gesù che è totalmente diversa, che ha altri parametri, un’altra logica, funziona in un’altra maniera e nasce in un’altra forma, non nasce normalmente come nasciamo tutti, non nasce dalla carne, ma nasce dallo Spirito, nasce dal cielo, nasce da un’opera di Dio in noi.

Non so a voi, ma a me questo passo di Nicodemo mi fa subito pensare alla Pentecoste, all’esperienza carismatica, all’esperienza dello Spirito e ogni volta che provo a dare dei parametri, dei punti di riferimento per poter camminare in questa avventura spirituale, quando credo di aver capito tutto, mi ritrovo al punto di partenza ed ogni mio tentativo fallisce miseramente. Questo perché camminare secondo lo Spirito è un qualcosa che produce sempre novità. Quando crediamo di essere arrivati, di aver capito come funziona, allora è il momento che bisogna ricominciare da capo, proprio perché, come dice Gesù, non sai da dove viene, né dove sta andando.

La nostra natura umana cerca sempre di trovare una formula in grado di poter seguire Cristo secondo le nostre idee, i nostri pensieri, secondo le modalità del mondo …secondo la carne, proprio come San Pietro, che poco prima fa la sua grande professione di fede e Gesù gli dice: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli». Subito dopo che Gesù gli annuncia la croce, lui non accetta, ma che dici Signore, «questo non ti accadrà mai», e Gesù: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt. 16, 16-23).

In realtà non c’è nessuna formula, c’è semplicemente il lasciarci attraversare, scavare dentro, aprire il cuore, abbandonarsi, ad una esperienza che è stata liberante e guaritrice per tutte quelle persone che lo hanno sperimentato. Vieni e seguimi…di nuovo il Signore ci sta ripetendo il suo invito, e continuamente ci chiede di fare nostro, ogni giorno, questo invito. Di rispondere a questa chiamata. Non siamo noi, con le nostre capacità a camminare incontro a Cristo, secondo lo Spirito, ma è lo Spirito che ci conduce, ci guida. A noi resta solo dire il nostro SI, fare una scelta.

Nell’ultimo capitolo di Giovanni, quello a cui stiamo facendo riferimento per questa riflessione, leggiamo che Pietro, Tommaso, Natanaele, i figli di Zebedèo e altri due discepoli, si trovano lungo il lago di Tiberiade, che è il luogo dove tutto ha avuto inizio. È la Galilea delle genti! È il luogo della ordinarietà della vita! Ed è proprio nella nostra vita ordinaria, quotidiana, che il Signore ci chiama, proprio come aveva chiamato Pietro e gli altri mentre riassettavano le reti, mentre stavano pescando e adesso, che Gesù è morto e Risorto, ritornano nella quotidianità della vita a fare esattamente quello che hanno sempre fatto, un po’ come noi dopo aver partecipato alla preghiera, torniamo a casa e continuiamo a fare e ad essere come prima.

Gli apostoli, come noi, sperimentano il fallimento, il senso del limite, le reti vuote, i sacrifici fatti, ma senza frutti, apparentemente. Difatti la rete rimane vuota dopo tanto sforzo, tanto impegno e rimarrà tale, se non interverrà Colui che ha il potere nelle mani, Colui che è il datore di ogni grazia, Colui che nel suo nome tutto è possibile!

Gesù sulla riva del lago osserva con tenerezza tutte le vicende di questi apostoli, soprattutto i loro momenti bui e osserva anche noi, ma il Signore non previene i nostri fallimenti, non vuole precederci nella nostra scelta, il Signore ci accompagna nel fallimento, per poter poi fare Pasqua, per vivere il passaggio dall’errore alla salvezza, dalla debolezza alla forza, dal sentirci soli al sentirci pieni di Dio!

Quando Gesù chiama per la prima volta Pietro, entra nella sua barca, potremmo dire nella sua vita, nella nostra vita, e da lì predica alla folla. Poi a un certo punto Gesù manifesta la sua volontà a San Pietro, a noi. Dice a lui: «Prendi il largo con la tua barca e getta le reti per la pesca».

Una caratteristica fondante della realtà carismatica, possiamo dire una peculiarità del nostro cammino, è proprio la profezia. Oserei dire che non può esserci un vero cammino di rinnovamento carismatico senza il carisma della profezia. Vorrei sottolineare in modo particolare questo aspetto: una comunità sarà profetica non solo perché c’è una parola che il Signore dona, ma perché quella parola diventa carne, si incarna, e questo accade quando noi rispondiamo liberamente il nostro si e ci abbandoniamo a Dio. Il Signore sempre ci chiederà di gettare le nostre reti da una parte invece che dell’altra, di andare a pescare anche quando ci abbiamo provato e niente. Ci chiederà sempre di abbattere quegli stessi schemi che ci accompagnano da una vita, quelli della nostra stessa preghiera e Pietro anziché dire a Gesù, ma tu non stai bene con la testa, esattamente come facciamo noi, perché questo diciamo a Gesù, quando Lui non fa quello che noi vorremmo. Gesù, ma chi sei tu? Tu sbagli, tu non capisci, invece san Pietro gli dice: Signore, qua abbiamo lavorato tutta la notte, e tu sai bene che si pesca di notte, adesso è giorno e tu ci dici che dobbiamo andare a pescare? Signore agli occhi della gente passerò per un imbecille, ma io una cosa voglio fare: la tua volontà, voglio seguirti. Sulla tua parola andrò a pescare getterò le reti, anche se umanamente non prenderò niente. E fu così che obbedendo alla volontà di Dio non riuscivano a tirare su tutte le reti stracolme di pesci. San Pietro ha toccato con mano che, se facciamo, viviamo, amiamo, cerchiamo, ci immergiamo nella volontà di Dio, Dio si immergerà in noi, nella nostra volontà e ci darà la Sua forza e ci farà realizzare quello che la nostra forza non è in grado di realizzare.

Così Simon Pietro si getta alle ginocchia di Gesù, si prostra: Signore sono un peccatore, allontanati da me. Lo adora, lo ringrazia, lo benedice, lo riconosce già qui come il Signore, vi ricorda qualcosa? Non è un po’ quello che facciamo noi nelle nostre preghiere? Riflettiamo fratelli. Il Signore ci chiede lo stesso atteggiamento di abbandono, di fiducia. Più la nostra vita si conforma a questo atteggiamento di abbandono, più i doni e i carismi emergono, si fanno autentici e non sono il frutto di un’abitudine e così il mio cammino di conversione va più in profondità.

Se il mio cammino di conversione sarà fermo nello Spirito, anche il mio carisma si fermerà, quindi si sentirà che quel carisma non è più autentico, perché non cammina, diventa una cosa che si fa solo per abitudine nella preghiera, come la lode, il canto, la profezia o il modo di muoversi eccetera, eccetera. Non sarà più un’azione dello Spirito, ma uno sforzo umano, perché si è bloccati nell’abbandono. Quando invece la nostra vita è immersa e cammina nello Spirito, e si abbandona a quella chiamata continua che il Signore fa ogni giorno, quel carisma, quel dono, che Dio dona a ciascuno di noi, non è più un dono fermo, non è più un dono abituale, ma un dono autentico.  Più la nostra vita si converte, più la nostra vita diventa realmente un’immagine della chiamata di Dio, più il nostro carisma, quello che Dio ci fa esercitare nella preghiera, non sarà più un carisma abituale, ma autentico, dello Spirito perché, se stiamo camminando, stiamo facendo un’esperienza di Dio; quindi, quel carisma passa dentro di me proprio come una sua azione diretta per l’edificazione mia e di tutta la comunità.

Il Vangelo poi si conclude con un colpo di scena, Simon Pietro riceverà da Gesù una missione: d’ora in poi sarai pescatore di uomini. Quando siamo totalmente immersi in Dio, Lui ci prende così come siamo, deboli, fragili, peccatori e si serve di noi per realizzare le Sue grandi opere. Badate bene, le grandi opere di Dio non sono appariscenti, ma sono anche cose piccole, ma fatte con infinito amore, queste, agli occhi di Dio, sono cose grandi.

Ritornando all’ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni, al capitolo 21, quando Gesù è morto e risorto già da un pò di tempo, appare sulla spiaggia dopo una notte che gli apostoli stanno pescando e non prendono niente. All’alba stanno per tornare e uno sconosciuto dalla spiaggia dice: «È andata male la pesca?» allora gli dice «Gettate le reti dalla parte destra della barca e troverete» e questi ci provano ed effettivamente pescano un sacco. Ecco noi sappiamo che Colui che siede alla destra del Padre è Gesù, il Vincitore, il Risorto! Per cui Gesù sta dicendo loro: «Investite la vostra vita su di Me che siedo alla destra del Padre, nel Mio nome continuate a svolgere le vostre attività, la vostra missione, il vostro lavoro, portate i sacrifici della vita quotidiana, ma nel Mio nome! Cioè, con il mio potere, con la grazia che io vi do, confidando e abbandonandovi alla mia volontà perché Io ho vinto la morte!» Costoro anziché dire: «Ma abbiamo confidato sulle nostre forze e non ci siamo riusciti, figuriamoci se adesso confidiamo nelle tue, ma chi ti credi di essere, ma non ti conosciamo nemmeno!» No, loro con umiltà si fidano di una voce, che hanno riconosciuto quantomeno carica di amore.

È quella voce che il Signore ogni giorno rivolge a noi: «Non abbatterti, vai avanti, non guardare le reti vuote, guarda Me che sono datore di ogni bene, che posso riempire in un attimo tutto ciò che voglio!» Quante volte nelle nostre preghiere siamo sempre ripiegati su noi stessi ad adorare, oserei dire, le nostre miserie. Quanti annunci sentiamo, di alzare il nostro sguardo su Gesù. Tante volte invece non ci diamo pace per qualcosa che abbiamo fatto, ci disprezziamo continuamente per una cretinata, per aver sprecato un’occasione e stiamo lì ancora a riguardare sempre la stessa cosa, a pensare a quello che era e così passano anni e rimaniamo ancorati al passato. Dio vuole fare una cosa nuova e invece rimaniamo lì a rimuginare a quello che era, quello che poteva essere. Questo ci riporta proprio a San Pietro, colui che ha rinnegato il Signore, e che alla fine, dopo averlo fatto, pianse amaramente. Ora, invece, San Pietro, non guarda più la sua miseria, ma investe la sua libertà, la sua volontà, sceglie di rispondere alla chiamata di Dio e Dio non delude mai.

La barca quasi affonda per la grande quantità di pesci. San Giovanni, l’apostolo amato, dai frutti riconosce l’albero, fa due più due, chi fa queste cose? Anche perché già lo avevano sperimentato. Dalla barca piena riconosce che sulla riva del lago c’è il Signore. Simon Pietro che aveva molto peccato, e a cui molto è stato perdonato e di conseguenza molto ama, è l’unico che si getta in mare, in un mare immaginiamo gelido all’alba, per correre incontro al Signore primo fra tutti.

Gesù inizia a domandare a Simon Pietro: “Simone figlio di Giovanni mi ami più di costoro?” Lo domanderà tre volte: mi ami? Mi vuoi bene?

Perché Gesù chiede tre volte la stessa domanda? Tanto che alla terza volta Pietro si intristisce. Perché Gesù cercava quella tristezza, gli riapre la ferita, proprio come fa nelle nostre preghiere, perché il Signore deve entrare nella nostra ferita e per entrare, deve riemergere il nostro dolore, allora lui con la Sua infinita misericordia, per mezzo dello Spirito Santo lenisce, guarisce le nostre ferite, lo stesso fa con Pietro.

C’è un momento nella vita che uno fallisce, che uno sbaglia, che si fa una cretinata, un momento in  cui non ce la fai più e sembra che ormai tutto sia perduto, un momento in cui la vita ti sbatte giù, questo è un momento molto importante, perché quel momento segna un punto di partenza, è l’inizio di una nuova storia. È l’opportunità di voltare pagina e iniziare a scoprire cosa può fare il Signore! Non dobbiamo avere paura delle ferite, perché da quelle ferite Dio può aprire una vita nuova. Può operare! Non avere paura della debolezza, dei limiti, delle miserie, perché siamo uomini, siamo limitati per natura, per costituzione. Siamo fragili! Sin dall’infanzia rifiutiamo di essere deboli e passiamo tutto il tempo a provare a scappare da questa cosa, cercando qualcosa di sicuro nelle cose di questo mondo. Invece la fragilità è una cosa buona, è lo spazio di Dio nella nostra vita! Dice San Paolo: “Quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10).

La vita cristiana non è fatta di opere vincenti, perché siamo bravi e ci vantiamo di aver fatto qualcosa di buono. La vita cristiana è fatta della potenza di Dio, non dipende dal fatto che siamo bravi, ma dal fatto che è bravo Lui, Dio. Allora scopriremo che i problemi sono l’occasione per fidarci di Dio, l’occasione per fare un salto nella fede, l’occasione per abbandonarci alla sua opera, per tendere le mani, farci cingere la veste da qualcun’Altro e farci portare dove non vogliamo.