Corso Iniziatori, Responsabili e Animatori Fiuggi 8 – 10 dicembre 2023

Tema del corso: “Se non vedo nelle sue mani…… non credo (Gv 20,25)
Riflessione a cura di suor Nicla Spezzati

La confessione di fede dell’apostolo Tommaso

professione laudativa nella comunità comunione

 Veni Creator Spiritus!

 Condivisione della Parola: guida Nicla Spezzati, ASC

 Fiuggi 9 dicembre 2023

  Il racconto

  1. La richiesta confidenziale si fa grazia dello Spirito
  2. Nella Comunità per una via personale
  3. Il Signore viene ad incontrarci, in un tempo imprevisto
  4. La confessione di fede di Tommaso
  5. La fede laudativa nella comunità comunione
  6. Lode in e per la comunione

  Dal vangelo secondo Giovanni Gv 20,24-29

Tommaso, uno dei Dodici, era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».

Otto giorni dopo i discepoli vennero di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».

 Il racconto

 Nessun altro racconto evangelico di una apparizione dopo la resurrezione presta tanta attenzione all’atteggiamento di una persona nei riguardi di Gesù Risorto, quanto la storia di Tommaso. Ciò avviene perché Tommaso è diventato qui la personificazione di un atteggiamento, che l’evangelista sente che è importante riprendere: viene drammatizzato il tema del dubbio, che originariamente compariva nella narrazione della apparizione ai discepoli.

Tommaso era uno di quelli che inizialmente non credettero quando Gesù apparve ai discepoli.

Allora comprendiamo che i versetti di questa pericope del Vangelo, sono il culmine, il punto più alto della cristologia e della fede.[1]

L’ambientazione della scena è la sera dello stesso giorno di Pasqua, in quel luogo popolato di ricordi: il cenacolo. Una semplice sala al piano superiore di un edificio della vecchia Gerusalemme; là, infatti, si è istituito il sacerdozio, là è stato donato lo Spirito Santo, là si è offerto all’umanità il sacramento della riconciliazione e proprio là Tommaso uno degli apostoli vive l’esperienza di un incontro personale e speciale con il Signore Risorto, il quale gli comunicherà che il miracolo più grande…è credere!

Davanti al messaggio semplice e conciso riguardante la fede nel Risorto, l’apostolo si rifiuta di credere volendo verificare l’evento di persona: “Se non vedo nelle sue mani…».

In altri termini egli non accetta la testimonianza del gruppo ma invece pone e definisce le condizioni della sua fede: il desiderio di vedere il ‘Crocifisso’.

Gesù raccoglie la provocatoria richiesta, mostrandosi a Tommaso al quale nel profondo accade qualcosa di inspiegabile: S. Gregorio Magno dice, accade il mistero al punto da «vedere una cosa e crederne un’altra; vedere un uomo con delle cicatrici e per questo credere alla divinità del Risorto».

Questo processo di fede, umanissimo e quindi ferito dalla debolezza, ci indica il cammino faticoso dello spirito: si tratta del credere senza vedere dei futuri credenti, che a differenza dei primi discepoli, non fruiscono più di alcuna apparizione di Gesù e tuttavia debbono credere.

Il cammino sofferto e vulnerabile di Tommaso dall’incredulità alla fede (Gv 20, 24-27), può servire anche a noi.

Gli altri discepoli hanno visto ed hanno creduto nel Signore Risorto, ma Tommaso non si fida della loro parola.  La sua ostinazione, fa ricordare il suo atteggiamento nella storia di Lazzaro (11, 14-16): dopo aver detto ai discepoli che Lazzaro era morto, Gesù aggiunge: «E io sono contento per voi di non esser stato là, perché voi crediate»; eppure Tommaso, non è minimamente impressionato dalla manifestazione della capacità che Gesù ha di sapere stando lontano. Egli accetta di salire in Giudea con Gesù, ma insiste che essi salgano per esser messi a morte. [2]

  1. La richiesta confidenziale si fa grazia dello Spirito

La grandezza del personaggio-Tommaso, e la sua importanza nella trama narrativa di Giovanni, in realtà è data dalla sua obiezione, da questa richiesta quasi irriverente.

Grazie proprio a questo ostacolo, e cioè il voler vedere, esaminare, toccare, constatare, che Gesù prende l’iniziativa di incontrare il suo discepolo in uno sguardo d’amore che lo cambierà istantaneamente.

Tommaso si è sempre qualificato come un entusiasta, un coraggioso: ha invitato gli amici-discepoli ad accompagnare Gesù verso la morte…ora invece, la sera della Pasqua, non solo non crede alla testimonianza degli altri apostoli, ma neppure a quella che Gesù è risorto. Che cos’è accaduto? Cos’è cambiato dentro di lui?

A questi interrogativi possiamo provare a rispondere così: questi sono i risvolti della via della fede, come anche quella dell’amore, che passano per vie contorte ed oscure e lo hanno cambiato e trasformato.

Dìdimo fin dall’inizio non si accontenta dell’emozione contagiante del grido “Abbiamo visto il Signore!”; esige di più e quel di più non possono darglielo i suoi fratelli pur con tutto il loro entusiasmo.

Passano i giorni e la sua vita trascorre normale; continua a stare con gli altri come prima, ma forse avverte che qualcosa lo tiene distante da loro. Pian piano la figura del maestro vivente si allontana e lui si sente estraneo, lontano, persino fuori posto in mezzo al gruppo.

Tommaso si accorge che a lui manca qualcosa e che quell’avvenimento era stato decisivo e trasformante per tutti tranne che per lui.

Tommaso, come anche gli altri apostoli, non è una persona ideale, perfetta. Rappresenta un modello indiscutibile, tuttavia è un uomo comune, di carattere diverso, di provenienza e professione diverse ma che è irresistibilmente attratto da Gesù; apprezza la fratellanza con gli altri apostoli, ma nonostante tutto, vive giorni di disagio interiore dopo quella sera.

Avrà avuto anche la tentazione di staccarsi dal gruppo, ma invece resta fedele alla comunità, alla comunione, alla preghiera e alla carità. [3]

  1. Nella comunità per una via personale

A ciascuno di noi è dato un modo proprio e originale di esprimere la propria fede.

L’evangelista ci ha dato, nei quattro episodi del capitolo 20, quattro esempi di fede in Gesù risorto:

Il discepolo prediletto giunge alla fede dopo aver visto il sudario e le bende funebri, ma senza aver visto Gesù stesso.

La Maddalena lo vede, ma non riconosce il Signore finché lui stesso la chiama per nome.

I discepoli lo vedono e credono.

Anche Tommaso lo vede e crede, seguendo la via che passa dal voler comprendere se il Cristo che gli sta innanzi, è il Cristo della passione.

Tommaso segue la via in salita, quella via che tante volte dobbiamo seguire anche noi e il suo servizio inizia proprio qui, quando ci lascia intendere che l’esperienza di fede non si fa per procura, ma per contatto diretto.

«La fede è una facoltà al pari della ragione; come si può fare cattivo uso della ragione, così si può fare cattivo uso della fede, ma l’una e l’altra sono premesse necessarie alla vita dell’uomo. Ecco perché siamo “capaci di Dio” a prescindere da qualsiasi rivelazione».[4]

 3. Il Signore viene ad incontrarci, in un tempo imprevisto

Per lui l’occasione arriva dopo otto giorni. Otto giorni dopo la Pasqua, Tommaso c’è e Gesù amorevolmente lo rimprovera; gli mostra le piaghe quasi a dirgli: «Tommaso anch’io ho sofferto, tocca qui non sei stato il solo a soffrire». Le piaghe, le ferite, spalancano la diga di commozione di Tommaso e non gli importa più nulla della sua fragilità e della sua durezza.

Quello che sorprende è che la sua fede andrà oltre quella dei suoi stessi amici, ma prima di arrivare a questo deve incontrare Gesù: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».[5]

Tommaso non dice niente ma Gesù lo previene facendogli capire che è là per soddisfare il suo desiderio e lo fa usando le sue stesse parole. Ecco cosa cambia: il cuore e la mente di Tommaso.

In questo caso si sarà sentito confuso; si rende conto che Gesù vede il suo intimo e prova vergogna della bontà del Signore. La sua confusione e la sua vergogna però, non gli impediscono di incontrare quello sguardo d’amore che ora conta più di tutto.

Dall’incredulità all’estasi: e così otto giorni dopo, venendo di nuovo tra i suoi oltre alle porte chiuse, il Risorto varca il trincerato cuore di Tommaso, liberandone la radiosa confessione di fede «Mio Signore e mio Dio!».

Siamo di fronte alla confessione balbettata e commossa di uno che è stato ‘smascherato’, ma con amore; di uno che aveva dubitato, ma con sincerità giunge, preso per mano da Dio, ad una fede piena e senza riserve.

È bello notare come le parole che seguono siano state scritte o dette per noi:

«Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».

 4. La confessione di fede di Tommaso 

Quando finalmente crede, Tommaso esprime la sua confessione definitiva: «Mio Signore e mio Dio!». Il Gesù che è apparso a Tommaso è un Gesù che è stato innalzato con la crocifissione, la resurrezione e l’ascensione al Padre suo ed ha ricevuto dal padre la gloria che aveva con Lui prima che il mondo esistesse (Gv. 17,5); e adesso Tommaso ha la fede per riconoscere ciò.

Tommaso ha voluto toccare i segni della passione perché aveva bisogno di credere in quel Cristo che oggetto di ingiusta condanna “taceva”, che vilipeso, flagellato, caricato del giogo della trace della croce, inchiodato e morto sul patibolo dell’infamia, fosse quel Cristo che ora veniva ad incontrarlo.

La risposta di Gesù accetta per valida la comprensione che Tommaso ha di quanto è accaduto: «Tu hai creduto» (Gv 20, 29b).

 5. La fede laudativa nella comunità comunione

«Mio Signore e mio Dio». Questa espressione usata in Giovanni, invocazione e professione di fede è dossologica, una lode.  Troviamo un riflesso di tale acclamazione nella scena descritta dall’autore di Apocalisse dove gli anziani si prostrano davanti al trono di Dio cantando: «Degno tu sei, nostro Signore e Dio, di ricevere gloria e onore e potenza». (Ap 4,11).

Tommaso è il portavoce della fede della comunità cristiana e questa confessione, che si richiama all’alleanza. Ed è alleanza comunitaria. Le parole, che Tommaso dice a Gesù, sono la voce del popolo che ratifica l’alleanza che il Padre ha fatto in Gesù.

In questa espressione di Tommaso: Mio Signore e mio Dio, c’è l’eco di «Gesù è il Signore», professione che può esser fatta soltanto quando lo Spirito è stato effuso (1 Cor 12,3). l’affidamento di fede di un membro della Comunità diventa laudativo e comunitario.

  1. Lode in e per la comunione

 Siamo invitati dalla professione di fede di Tommaso ad entrare nel mistero dell’alleanza che guarda, al compimento escatologico della Comunità-Chiesa. Un cammino e uno stato di lode, in cui la vita quotidiana, via martirale – per alcuni sacrificio fino al versamento del sangue – e la via laudativa, ci edificano in unità.

La rivelazione delle «cose che devono presto accadere» (Ap 1,1) poggia, infatti, sui Cantici della liturgia celeste, ma anche sull’intercessione dei «testimoni».  I profeti e i santi, tutti coloro che furono uccisi sulla terra per la testimonianza da loro data a Gesù l’immensa folla di coloro che, venuti dalla grande tribolazione, ci hanno preceduto nel Regno, cantano la lode di gloria di colui che siede sul trono e dell’Agnello. 

 In comunione con loro, anche la Chiesa terrestre canta questi cantici, nella fede e nella prova. La fede, spera contro ogni speranza e rende grazie al Padre della luce, dal quale discende ogni dono perfetto (cf Gc 1, 17).  La fede è così una pura lode, nello Spirito Santo.

È questa la gioia del cristiano che compie il sacrificio di lode a Cristo, confessando il Suo nome. E da dove nasce questa gioia? È l’azione dello Spirito Santo, dice Papa Francesco “chi ci dà la gioia è lo Spirito Santo. È proprio lo Spirito che ci guida: Lui è l’autore della gioia, il Creatore della gioia. E questa gioia nello Spirito, ci dà la vera libertà cristiana. Senza gioia, noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze…Questa gioia ci fa liberi.“  Ed è la lode, che nasce dall’affidamento al Dio della vita che ci proietta in Dio per la sua caratteristica liberatrice.

La Chiesa ci ammaestra: «Siate ricolmi dello Spirito intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore» (Ef 5,19).  Come gli scrittori ispirati del Nuovo Testamento, le prime comunità cristiane rileggono il libro dei Salmi cantando in essi il mistero di Cristo. Nella novità dello Spirito, esse compongono anche inni e cantici ispirandosi all’evento inaudito che Dio ha realizzato nel Figlio suo: la sua incarnazione, la sua morte vincitrice della morte, la sua risurrezione, la sua ascensione alla propria destra. È da questa «meraviglia» di tutta l’Economia della salvezza che sale la dossologia, la lode di Dio». (Catechismo Chiesa Cattolica, 2641)

«Ti lodo Signore perché sei il mio Dio». La mia confessione di fede, nella comunità, diventa lode, dossologia della Comunità – Chiesa nello Spirto Santo: questa lode edifica la Chiesa in unità.

 

 

 

 

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Riferimenti Bibliografici

  1. Crisostomo, Commento al vangelo di Giovanni,Città Nuova, Roma 1970,vol.III 255-57.
  2. Ravasi,I Vangeli di Pasqua Raccontati da Gianfranco Ravasi, San Paolo, Milano 1993.
  3. Zevini, Commenti spirituali del Nuovo Testamento. Vangelo secondo Giovanni, Città Nuova, Roma1987, vol. II 296-301.

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[1] Cf. G. Zevini, Commenti spirituali del Nuovo Testamento.Vangelo secondo Giovanni, Città Nuova, Roma1987,vol.II,296-301

[2] Cf. Idem.

[3] Cf. T. Stenico, https://www.umanesimocristiano.org/it/details-articles/incontri-con-ges%C3%B9–ges%C3%B9-incontra-l-apostolo-tommaso/25795954

[4] Ivi, idem.

[5] Francesco, Esortazione Apostolica, Evangelii Gaudium, Incipit.